Something about Andrea Imbrosciano

Andrea Imbrosciano
Andrea Imbrosciano

Andrea Imbrosciano was born in Isola del Liri (in the province of Frosinone), on November 25, 1964. As a boy, he read a book, given to him by his header brother, and fell in love with mountaineering.

He has climbed and set new routes since the eighties.

During his military service, in Northern Italy, he repeated may historical multipitches routes in the Dolomites and in the Alps, most of which were the ones he dreamt reading the book.

Ever since the passion and the spirit of adventure have took him around climbing routes and setting new ones, two activities that for him are bound together inseparably.

At now he set about 40 multi-pitches rock climbing routes (mostly in the Central Apennines, and in the Gran Sasso mountain), up to ED+ level, and about 40 ones on snow and ice (someones in far and remote corners of the Ernici, Marsicani and Mainarde mountains, most of which not yet repeated).

The single pitches routes for the sports rock climbing, instead, are about a thousand, in Italy and in Europe.

Andrea Imbrosciano
Andrea Imbrosciano

During the early years of his activity his favorite place was the Lazio, and in particular the province of Frosinone, where he could move by public transport service and where he improved his skills.

Establishing new routes in uncontamined areas made him soon interested in environmentally friendly practices.

Thus, in ’90, he took the professional diploma of Èquipeur (gestion équipment de sites = climbing areas management and equipping) at the F.F.M.E. / CO.SI.ROC Grenoble, having a professional training in the field of the rock climbing site management, with a thesis on environmental compliant strategies,  expansion and glue-in bolts for sport climbing.

In 1998 he is  co-author of the climbing areas regulation drafting,  requested by the Italian climbing associations.

Since 1990 he has collaborated with the mountaineering guide Paolo Caruso in the popularization of the Didactic Method for the Climbing Technique. He is a member of the Alpin Club of the San Marino Republic, and National Trainer and Technical Instructor of Climbing TESNA (for the climbing spot equipment) UISP-Montagna.

He cooperates with the main manufacturing companies of expansion and glue-in bolts for rock climbing.

He has cooperated with the Boreal for more than 30 years, always looking for innovation in the field of the mountain footwear technologies.

He is also involved in the safety training and teaching for both the climbers and of climber instructors.

Andrea Imbrosciano, InNatura
InNatura

n 20017 he founded “Innatura”, an association entrenched in the PNALM (National Parks of Lazio, Abruzzo and Molise), based in Castelnuovo al Volturno. Mainarde Molisane Innatura (http://sito.innatura.net) is a meeting center to promote cultural and outdoor activities in the Alto Volturno area. It deals with territorial promotion and development,  local crafts, training and tourist accommodation. The activities of this association have developed tourism in a territory almost unknown to the outdoor passionate.

The interest for the sustainable and environmentally friendly touristic development of Apennines most wild areas led him to study all aspects and problems (including any legal) of safety and technique both of equipment and maintenance of the climbing areas.

Castelnuovo al Volturno has become a workshop of routes equipment and re-equipment.

The last tow activities (in chronological order) of Andrea Imbrosciano consist in the development of an innovative technique for extraction of the scansion bolts, and in the study of a new moulinette system (that is a new lower down way).

Together with the team of Ciociaria Verticale (an association which deals with the maintenance of the climbing spots in the province of Frosinone), he launched an awareness campaign to the fruition of the climbing areas.

But while he launches and follows all these  initiatives, he never abandones the passion for fine food, and fun with friends.

 

Hanno scritto di me:

Character - Quattro chiacchere con... Maurizio Oviglia intervista Andrea Imbrosciano juni, 2010

 
L'arte del chiodare Intervista ad Andrea Imbrosciano, uno dei più competenti chiodatori italiani.

I chiodatori sono veramente tanti, ma quelli veramente competenti sono davvero pochi. Se poi ne cerchiamo uno titolato, allora è veramente una tragedia, perché forse ce n’è solo uno. E questo è senza dubbio Andrea. Ma perché, dirà qualcuno, per chiodare serve un titolo? No, per ora, ed i risultati infatti si vedono, purtroppo. Falesie chiodate male ed in maniera insicura, resine inadatte, placchette che girano, catene troppo fini, punti mal posizionati... è il risultato del fai da te attuale, del fatto che non esista una scuola dove imparare, del fatto che i neofiti chiodatori non siano disposti ad imparare “l’arte” dai più vecchi. Si perché chiodare è quasi un arte, e come tale andrebbe tramandata da maestro ad apprendista... C’è molta confusione e pressapochismo su questo argomento, dunque perché non chiedere e fare il punto della situazione proprio con Andrea? Dicendo che Andrea è l’unico chiodatore titolato che abbiamo in Italia non ho detto un’inesattezza. Non ho dimenticato le guide alpine, ma non mi risulta che nella loro preparazione vi sia formazione ed esami sulla chiodatura in falesia! Non essendoci diplomi ad hoc in Italia, Andrea lo è andato a prendere in Francia. Dal 1999 al 2002 ha infatti frequentato il Corso Teorico Pratico con Tecnici del Co.si.roc F.F.M.E. Francese (Grenoble) e si è diplomato. Ha elaborato tesi su sistemi di ancoraggi e tecniche di chiodatura e giuridica dei siti naturali per l’arrampicata, ha collaborato con ditte quali Sika, Hilti e Boreal per lo sviluppo e l’utilizzo di ancoraggi a secco e chimici per l’arrampicata su siti naturali. Lavora con il CAI nei corsi di formazione per istruttori, ha partecipato all’elaborazione della prima bozza di regolamentazione della sicurezza, equipaggiamento, utilizzo e fruizione di siti naturali per l’arrampicata. Ed ha chiodato quasi 1500 vie nelle falesie del centro Italia, dove risiede. Insomma una persona competente e titolata, una rarità in questo ambiente, a cui è stato naturale rivolgere qualche domanda sperando che sia di comune utilità a quanti vogliano cimentarsi con l’attrezzatura di una nuova via. 
1 – Andrea tu hai dedicato, come me del resto, gran parte della tua vita a chiodare falesie per gli arrampicatori. Ma dove sta il senso? 
Non ho chiodato sempre per gli arrampicatori sai, i luoghi a cui sono molto affezionato sono rimasti segreti. Il desiderio che questo sport divenisse per tutti mi ha spinto ad attrezzare diversamente ed a pubblicizzare i siti. Ho iniziato ad attrezzare vie per necessità, perché non c’era nulla dove abitavo. Comunque mi fa piacere quando mi ringraziano, sarei anche contento di chiacchierare con quanti criticano e insultano. 
2 – Un vecchio adagio che si sente nel nostro ambiente dice che si fa il chiodatore quando non ci si tiene abbastanza... tu che ne dici? 
Non mi sembra che tu non ti tenga! E poi che significa… Ho sempre salito gli itinerari che ho attrezzato, per un periodo se non li salivo in libera top rope non li attrezzavo. Il tempo a disposizione per scalare, non lavorando per mantenermi come professionista del settore, si riduce, ma non credo che non ci si tenga. Tutt’al più riduci l’abitudine a scalare a vista (on sight). Senti: quelli che si tengono in fin di conti scalano su tiri attrezzati da me o da un altro chiodatore! 
3 – Dopo tutto sto lavoro son pochi che ringraziano e molti criticano. Tu sembra la prenda con filosofia, come fai? 
Sto invecchiandoooo… o sono diventato grande…sigh! Sai una volta ho fatto uno scherzo ad un gradasso di falesia, ho attrezzato un itinerario con una placchetta truccata di cartone,appena si è appeso …….. Che botto, ad un altro dopo un lungo ranaut gli ho fatto trovare per calarsi una catenella di plastica incollata alla roccia con il pongo! 
4 – Tu sei uno dei pochissimi, forse l'unico in Italia, che ha un diploma di chiodatore. Secondo te per chiodare bene bisognerebbe avere una sorta di patentino? 
Ho un diploma di Equipaggiatori siti sportivi per l’arrampicata che non è essere” chiodatori”. Si che è necessario, ma vito come stanno le cose basterebbe già essere informati, non solo per la conoscenza delle tecniche di posa degli ancoraggi, e delle tecniche di progressione ma soprattutto per conoscere la normativa giuridica di un sito naturale che possa essere destinato all’arrampicata sportiva anche se in Italia per ora non esiste normativa ma ne esistono altre. Se si frequentasse di più l’Europa arrampicatoria, ma non solo per tirare prese, partecipando a corsi, meeting, sui siti naturali per l’arrampicata ci accorgeremmo che la prima cosa da fare sarebbe definire con una regolamentazione ministeriale le differenze tra i diversi siti ed il loro utilizzo di attività, in questo modo ci sarebbe maggiore possibilità di azione e di figure competenti necessarie, allora si capirebbe l’importanza di un patentino(anche un patentino che accerti le competenze nel far sicura non sarebbe male).In Italia ancora ci sono climber che pensano che i chiodatori sono dipendenti del Comune, magari! 
Guide Alpine, Istruttori CAI, FASI, operatori UISP fanno una formazione acquisendo brevetti, diplomi, istruendosi anche su normative ed altro e poi vanno comunque a scalare e portano clienti e allievi, soci in siti attrezzati da sconosciuti senza formazione, e spesso con divieti di fruizione dove sta il senso? 
Un equipaggiatore di siti per l’arrampicata deve assolutamente avere, oltre ad un elevata competenza nelle tecniche e nel metodo per l’arrampicata, una buona competenza in botanica, geologia, ornitologia ed anche ingegneria ambientale. Un ente sportivo con cui sto facendo formazione ha istituito la figura di tecnico equipaggiatore siti arrampicata, per due corsi non ha partecipato nessuno al contrario invece di quelli per istruttori/formatori. Tanto la pacchia è finita ci penseranno le nuove figure professionali e gli enti amministrativi territoriali. 
5 – Una domanda che mi fanno sempre: ma il chiodatore ha delle responsabilità in caso di incidente dovuto alla chiodatura ? 
Secondo me le ha sempre avute, fosse anche solo morali, ma non c’era modo di risalire all’attrezzatore dell’itinerario e poi con quali regole era tutto da dimostrare. Allo stesso modo penso che anche chi arrampica abbia notevoli responsabilità. 
Ora con i vincoli per l’utilizzo del territorio, le normative per i lavori acrobatici (corso formazione sistemi di accesso e posizionamento mediante funi), è difficilissimo sottrarsi a controlli. Se non si vuol fare un enorme lavoro e trovarsi il sito chiuso dopo poco. Da 5 anni è necessario fare un indagine di incidenza ambientale, e presentarla all’ente preposto alla salvaguardia di quei luoghi, indagine fatta o da un privato o da un’associazione con responsabilità del presidente. In special modo se si è fatta una richiesta di fondi. Anche se sulle guide d’arrampicata c’è scritto che è un attività pericolosa... 
6 – Molti oggi iniziano "fai da te" a chiodare, senza nessun tipo di scuola o indirizzo. Su internet, anche ammesso che si possa imparare, non esiste niente. Cosa puoi dire a chi vuole imparare "l'arte”? 
Tutti noi anziani abbiamo iniziato con il fai da te, mi sembra stupido e poco competente, oltre che educativo, continuare a farlo. Esistono tantissimi testi dove si può apprendere, come dici tu, “l’arte”, tra cui i testi del CO.SI.ROC, ma bisognerebbe riconoscere le competenze di alcuni. Questo è un vizio degli arrampicatori, SIAMO TUTTI BRAVI. 
7 - Da sempre ti sei battuto per una chiodatura a resinati. Oggi tuttavia c'è parecchio scetticismo verso questo metodo, si dice che la resina non tenga al tempo. Tu che ne pensi? 
Si è vero e lo continuerò a sostenere escluse le volte che per regolamentazioni giuridiche questo non è possibile. Lo scetticismo, nasce dall’ignoranza nell’utilizzo, dalla conoscenza dei materiali, dalla poca pratica nella posa degli ancoraggi e da un cattivo progetto o addirittura dalla mancanza di un indagine geologica. L’ancoraggio chimico non pu essere utilizzato ovunque, e su ogni tipo di roccia c’è bisogno di un tipo diverso di ancoraggio, figuriamoci di collante! Per prima cosa dobbiamo considerare che tipo di sito andiamo a realizzare, che tipo di fruizione avrà in che area si trova (aree protette parchi terreni privati). Pensa che nell’ area molisana il PNLAM, Parco Nazionale Lazio Abruzzo e Molise, ha preteso in un sito l’attrezzatura degli itinerari con tasselli meccanici perché facilmente removibili, vietando anche l’uso della magnesite. La differenza tra un ancoraggio chimico ed uno meccanico (tassello ad espansione per avvitamento), sta nella durata alle continue sollecitazioni, oltre che nella resistenza agli agenti atmosferici, per un sito ad alta frequentazione è importantissimo ( es. un itinerario di qualsiasi grado si faranno tanti resting e tanti voli sempre su gli tessi ancoraggi ed il risultato nei meccanici sarà l’allentamento dei corpi serranti). 
8 - Secondo il tuo giudizio, che resina si deve usare per avere certe garanzie? 
Molti materiali per l’equipaggiamento dei siti d’arrampicata nascono dall’edilizia e non tutte le ditte danno garanzia per i requisiti di sicurezza per l’attività dell’arrampicata sportiva (a volte nemmeno le ditte che producono ancoraggi per l’arrampicata ti danno tali garanzie). Le ditte che assicurano resistenza adeguate, con un corretto utilizzo, sono in primis la Sika che è la resina ufficiale del CO.SI.ROC francese (Sikadur 31 colle e Sika fix), e la Hilti che ha fatto numerosi test per l’utilizzo delle proprie colle per l’arrampicata (IT-RE 500), entrambe queste resine bicomponenti, sono epossidici puri, ma non vanno assolutamente utilizzati su calcari teneri senza effettuare la posa con tecniche specifiche. Vuoi saper io come mi comporto? Chiamo un tecnico e mi faccio fare l’analisi del prodotto carotato. 
Non vanno assolutamente utilizzate resine o collanti poliesteri che sono prodotti che spesso si trovano in ferramenta. 
9 - Ma in definitiva, dato che ci sono i fix meccanici che son più comodi, chi ce lo fa fare a usare la resina? 
Ma chi obbliga chi, se non lavori per un ente, se non attrezzi siti con itinerari che hanno un’elevata fruizione, se non conosci il tipo di roccia dove stai effettuando la posa, devi stare attento che il tassello ad espansione per avvitamento sia abbastanza lungo per il tipo di roccia che ti appresti a trapanare. Che abbia le alette di espansione adatte a quel tipo di roccia in quel riquadro roccioso, che abbia un numero elevato di spire e un segno di controllo per il serraggio del tassello e della placchette, che abbia un dado autobloccante, che la placchetta sia sufficientemente spessa per non tagliare i moschettoni, che sia un materiale omologato, e per finire, se è inox, che lo sia veramente. Ne vuoi altre? Ho chiodato 1500 vie e solo ultimamente, serrando dei tasselli ad espansione, questi si sono spezzati. 
10 - Andrea ma è vero quel che dicono, che vuoi continuare a chiodare sino a 90 anni? Image removed.:-)) 
Con chi hai contatti? Con quello di giù o quello di sù. Mi tocca di campare ancora così tanto? Ultimamente mi è passata un po’ la voglia ma credo che l’arrampicata sia un mezzo importante per lo sviluppo di alcuni territori, chi si appresta ad attrezzare un itinerario, oltre ad esprimere “l’arte” (come dici tu), si deve considerare un promotore dell’attività, con i vantaggi e gli svantaggi che questo comporta. 

Character - Quattro chiacchere con... Andrea Imbrosciano juni, 2010 -Maurizio Oviglia Pietra di Luna

 

ANDREA IMBROSCIANO intervistato da Christian Roccati

www.mountainblog.it/christianroccati

Andrea Imbrosciano è un ragazzo, un uomo, innamorato ed appassionato di montagna ed ambiente… non so davvero come definirlo perché ha fatto alpinismo, arrampicata, ha aperto vie, ne ha chiodato altre, ha preso dei luoghi verdeggianti ma sconosciuti nel panorama del verticale e, senza impossessarsene, gli ha donato un cammino…
È difficile riuscire a ricondurre Andrea ad una figura specifica, ad un’apposizione, ad una definizione. Possiamo rifarci ai dati, questo è più semplice.

Imbrosciano è nato il 25 novembre del ’64, ad Isola del Liri, un comune nella provincia di Frosinone, come lui afferma «un tempo fu un centro nevralgico dell’Impero Borbonico». Oggi vive a Sora, in Provincia di Frosinone, nel Lazio, a tre km dall’Abruzzo, sotto i monti Ernici/Marsicani, dove lavora. «Da più di 7 anni però faccio il pendolare, contro corrente, in Molise, a Castelnuovo al Volturno, nel PNALM – Parco nazionale Lazio Abruzzo Molise, dove abbiamo creato un’associazione per lo sviluppo del territorio, con relativo centro di accoglienza ed ospitalità per turisti e non, che vi si avventurano e praticano attività outdoor. Lì ci occupiamo di eco compatibilità».

Da quando vai in montagna? Vivo in montagna da più di trenta anni

Come hai iniziato? Da piccolissimo; dietro casa ci sono montagne (rotondoni) di 2000 mt ancora selvagge. Le escursioni erano all’ordine del giorno, camminavamo a lungo fin oltre le faggete.

Da quanto pratichi l’arrampicata? Ho iniziato a scalare negli anni ’80.

Com’è cominciato tutto? Mio fratello maggiore mi regalò un libro per il mio compleanno e da lì è stato travolgente.

Quale libro? Walter Bonatti, “Le mie montagne”.

Hai fatto anche alpinismo? Per alpinismo intendi se sono mai stato sulle Alpi o se ho praticato le tecniche per salire delle montagne in modo tradizionale.
Comunque, prima dell’alpinismo ho fatto tanto Appenninismo: i rotondoni in inverno si trasformavano, pareti friabili diventavano pareti di dura roccia, possenti e ancora più selvagge, e lì ho messo a punto le tecniche per affrontare i grandi colossi delle Alpi. Prima le storiche grandi classiche e poi le più moderne difficili: è stato un bel momento. Il militare, ero negli alpini, non mi è piaciuto per niente, mi ha comunque dato la possibilità di frequentare i massicci delle Alpi essendo in zona.

Quando hai iniziato ad aprire vie e chiodare? Praticamente ho iniziato appena mi sono impratichito delle tecniche di scalata. Non esisteva nulla dove vivevo e c’era pochissimo al Gran Sasso; le falesie attrezzate erano poche ed anche molto selettive.

Quante vie hai aperto e quante ne hai chiodato? Ho aperto, in siti d’Avventura (Montagna), una quarantina di itinerari su roccia e trenta su neve e misto, ho chiodato in tutta l’Italia 900 vie ed una cinquantina sparse per l’Europa.

È il tuo mestiere? No è la mia passione, anche se ho una qualifica e una formazione specifica.

Quale qualifica e quale formazione specifica hai? Ho un diploma di Equipeur (gestion équipement de sites) conseguito presso F.F.M.E / CO.SI.ROC. Grenoble, con annessa formazione sulla gestione dei siti naturali per l’arrampicata e una tesi su gli ancoraggi a secco e chimici utilizzabili per l’arrampicata sportiva

Cosa pensi della possibilità di fare il chiodatore come mestiere?
Sarebbe bello.Per far sì che l’ arrampicata diventi uno sport è assolutamente necessario creare una formazione, non solo per la conoscenza delle tecniche di posa degli ancoraggi, ma soprattutto per conoscere la normativa giuridica di un sito naturale che possa essere destinato all’arrampicata sportiva.
Se si frequentasse di più l’Europa arrampicatoria, ma non solo per tirare prese, ma partecipando a corsi, meeting, sui siti naturali per l’arrampicata, ci accorgeremmo che la figura del chiodatore ha un importanza vitale.Per prima cosa si dovrebbe definire le differenze tra i siti con una regolamentazione ministeriale, in questo modo formazione ed un eventuale patentino avrebbero importanza.
Guide Alpine, Istruttori CAI, FASI, UISP fanno formazione per acquisire brevetti, diplomi, istruendosi su normative ed altro e poi vanno a scalare e portano clienti e allievi in siti attrezzati da sconosciuti senza formazione, definendo questi luoghi “siti per l’arrampicata sportiva”, ma per me sono tutti “siti d’avventura”.

Dove sta il senso? Un equipaggiatore di siti per l’arrampicata dovrebbe assolutamente avere, oltre ad un’elevata competenza nelle tecniche e nel metodo per l’arrampicata, una buona competenza in botanica, geologia, ornitologia ed anche ingegneria ambientale.

In Francia è possibile? Si che è possibile: è una figura professionale riconosciuta dal ministero dello sport.

Se ipotizzassimo i chiodatori come persone formate e titolate, l’arrampicata non sarebbe ecocompatibile oltre che turistica? Non sarebbe un ecoturismo al contrario di ciò che avviene nel resto del “pianeta montagna” in cui sradicano boschi e sbancano montagne per costruire piste, impianti ed alberghi? Si… ma anche i medici fanno il giuramento di Ippocrate eppure……….

Cosa pensi della possibilità di fare il maestro di scalata come professione? Se avessi 20 anni e fosse stato bandito il concorso per maestro di arrampicata mi metterei subito ad allenarmi e a studiare le scienze motorie e spero che questa nuova figura faccia formazione sulle tecniche motorie, non solo sulle tecniche di sicurezza.

Ma non c’è alcun concorso come maestro di arrampicata: ci sarà mai? Perché non c’è in Italia ed in altre nazioni invece si?Le nuove figure professionali per l’attività montana sono pronte da un pezzo. In queste c’è la figura di maestro di arrampicata (Legge Brambilla). Credo che per l’anno prossimo sicuramente ne bandiranno il primo concorso
Il perchè lo posso immaginare. Finora in Italia non aveva senso una figura di questo genere perché l’arrampicata sportiva non esisteva; veniva paragonato tutto all’alpinismo e quindi le guide ne avevano l’esclusiva. Ma tu quante guide conosci che sanno cosa sono le scienze motorie? e poi l’Italia è la nazione delle caste.

Molte persone sostengono che l’arrampicata può generare turismo ecocompatibile: tu che ne pensi? Sono d’ accordo sul turismo, ma non tanto sull’ecocompatibile.

È ciò che hai cercato di fare con la tua opera in Molise? Ci puoi parlare della tua associazione? Si, in Molise siamo riusciti a risollevare le presenze turistiche in un’area quasi abbandonata dai flussi turistici. Le attività outdoor sono state riconosciute nello statuto del Parco Nazionale Abruzzo Lazio Molise (PNALM); anche l’arrampicata, solo dopo numerose indagini sull’ impatto ambientale che in quell’area è regolamentata, ma non è l’attività trainante.
La nostra associazione INNATURA si occupa di sviluppo del territorio, è affilata alla UISP Lega Montagna. Abbiamo rilevato una vecchia osteria trasformandola in un centro d’incontro per le attività culturali ed all’aria aperta dell’Alto Volturno, facendo soprattutto laboratori di tradizione.
Ma gli arrampicatori non sono tanto presenti … … in questo.

In tempi recenti vi è stato uno storico incontro su queste tematiche tra FASI e UISP: che cosa ha rappresentato tale evento? Non so se la FASI porti avanti tematiche sulla ecocompatibilità e sulla regolamentazione per i siti di arrampicata. In quell’incontro, si è cercato di fare un po’ di cultura, ma credo che si cercasse la scappatoia per poter organizzare corsi senza essere definiti degli abusivi, ma non c’è stato seguito collaborativo, infatti FASI e UISP hanno realizzato diverse formazioni per questa figura.

C’è stato o ci sarà un seguito? Credo nulla!

In quest’epoca si stanno mischiando parecchie situazioni in ambito di turismo outdoor davvero particolari. C’è un movimento trad alla ribalta ed una serie di esponenti di una chiodatura sportiva “ecocompatibile”, da un altro lato non sembra esserci problema per i progetti di costruzione di strade od impianti in vallate e valloni precedentemente “selvaggi”. Che cosa ci puoi dire a riguardo?
Una buona parte delle persone che praticano attività in ambienti naturali non si pone nessuno di questi problemi ambientali ed in special modo gli arrampicatori e gli alpinisti.
Siamo così stupidi da pensare ancora se uno spit valga meno di un chiodo o di un nut quando, in regioni con grande presenza di arrampicatori, non ci si è schierati nemmeno su deviti assurdi sulla disciplina; credi che importi che in Molise non c’è più un luogo senza una inutile e inutilizzabile pala eolica?

Per quali ragioni consideri le pale eoliche inutili ed inutilizzabili? Quelle costruite in Molise non servono a niente, moltissime sono ferme e restano lì a deturpare.
Credo che esistano per l’Italia altre fonti alternative tipo il sole.

Tornando a parlare di scalate: tu hai arrampicato in molti luoghi, dove davvero ti sei ritrovato? Non c’è un luogo in assoluto, la Ciociaria mi ha fatto scoprire questa attività, la mia vita. La Provenza mi ha regalato giornate sportive fantastiche. Il finalese la certezza che esiste l’amicizia. L’area di Arco che poi l’arrampicata non è poi così eco….
Ma quello che mi sta dando il Molise è inspiegabile: sono felice anche se non è il posto dove vivo.

Cosa ne pensi del metodo Caruso?Sono convinto che faciliti tantissimo l’apprendimento della disciplina arrampicata, ma soprattutto con il metodo si potrà far capire che l’arrampicata è per tutti, è per ogni età …Ma bisogna praticarlo e conoscerlo per insegnarlo. Quindi bisogna affidarsi agli istruttori IAMA.

Cosa pensi di ciò che IAMA sta pian piano costruendo? Spero che riescano nel loro grande progetto, importante e sicuramente unico, ma non credo purtroppo che troveranno tanto aiuto: sono troppo avanti.

Cosa diresti ad un ragazzo che inizia a fare arrampicata? Bravo. Sorriderei magari riscoprendomi giovane in lui, soprattutto se l’utilizzasse come momento sociale ed aggregante, di crescita. Ho visto ragazzi di quartieri non fortunatissimi rinascere con l’arrampicata

E se inizia a fare alpinismo? Bene, stai attento… E se fosse uno di quelli che conosco, lo sarà sicuramente.

Qual è il futuro dell’arrampicata e quale quello dell’alpinismo? Ancora futuro? è tutto fatto e tutto visto.

Hai qualche progetto che ci puoi svelare da parte della tua associazione o qualche nuova apertura? Ne ho uno realizzato, uno importantissimo, sono riuscito a non perdermi più in discussioni sull’arrampicata…

Intervista di Christian Roccati
Blog MB: www.mountainblog.it/christianroccati