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Gole del Melfa: Il Tracciolino

I luoghi appartengono all'anima delle persone che li vivono.

Entrano nella loro vita reale e nel loro immaginario. Le plasmano e a volte si fanno plasmare da loro.

Le Gole del Melfa nelle storie di un ragazzo che è nato e vissuto lì'.

 

Gole del Melfa
Gole del Melfa da Santopadre
ar. Adriano Ruzza

Chi come me vive in questo luogo non è abituato a sentire l’espressione “Gole del Fiume Melfa”.

Sin da piccoli si familiarizza con tanti e altrettanto strani nomignoli, le parole si piegano ad un gergo dialettale multiforme che, con suoni gutturali o abbreviazioni al limite dell’impossibile, descrive e quindi identifica il Luogo in questione.
Ogni nipote, figlio o parente di uno degli abitanti dei paesini che si affacciano sulle Gole del Fiume Melfa ha ascoltato, almeno una volta nella sua vita, le storie di chi, dentro quella stretta valle, ci ha cacciato il cinghiale o di chi, durante la Guerra e spinto dal bisogno, c’è andato a raccogliere qualche vecchio scarpone, una giacca strappata o una baionetta spuntata, tutti lì abbandonati, vicino ai corpi ormai spenti dei tedeschi in ritirata.

Gole del Melfa
Gole del Melfa
ar. Adriano Ruzza

Ecco che, dopo il consueto “mi ricordo di una volta…” si sente nominare il “Tracciolino”, oppure “Dènt camp dènt”, oppure “atterra alla Mel’fà”, tanti nomi per migliaia di storie che hanno come cornice lo stesso identico posto, un luogo quasi mistico dove le foreste di lecci e querce, di tanto in tanto, lasciano spazio ad alti pilastri rocciosi a strapiombo sul fiume o a grotte dal palato rossastro dove in tempi più o meno remoti ci saremmo imbattuti in un quieto eremita o in una mitragliatrice alleata.
La strada, che da noi indigeni è chiamata Il Tracciolino, un tempo infestata dalla banda del Brigante Fra Diavolo, è stata voluta e costruita dai Borboni, essa cammina mano nella mano con il fiume Melfa e come quest’ultimo, attraversa sinuosamente la stretta valle, essa però prende il nome dal percorso “tracciato” dal bestiame in transumanza o dai trasportatori di merci che, con i loro muli, mettevano in collegamento la valle del Liri con la vicina valle di Comino.

Oggigiorno l’area delle Gole del fiume Melfa, pur conservando ambiguamente la funzione strategica di arteria di collegamento, si configura come un vero e proprio monumento alla Natura, un luogo solcato dal cammino di San Benedetto, dove non è raro incrociare viandanti assetati dal lontano accento teutonico, e dove, se hai la passione e soprattutto la pazienza di Tommasino, puoi addirittura raccontare di aver visto Ulisse e Penelope volare.

Allora viaggi un po’ con i ricordi e ti viene in mente quando da bambino, passando in macchina “nel Tracciolino”, scorgevi la sagoma dondolante di qualche “super uomo”, il quale, chissà perché, invece di una bella partita a pallone, aveva scelto di fare come un ragno colorato che trema e si fida di una fune quasi invisibile

Gole del Melfa
Gole del Melfa Andrea Ruzza su La Capra Zoppa ext.
ar. Adriano Ruzza

La vita però, scrive copioni inaspettati, finisci morso dallo stesso ragno, meno colorato, ma altrettanto velenoso, e molto tempo dopo, ti ritrovi intento a “strizzare” tacche o a pendere da un dente appuntito di quell’antro che tanto ti faceva paura da bambino.

A questo punto l’amore per il Luogo e la Passione per la disciplina si rincorrono e si fondono, si cresce ancora, si migliora e si viaggia lontano, ma la mente ritorna sempre a quell’unico termine di paragone, la Propria Terra e ci si accorge della bellezza e quindi della Fortuna, di poter vivere i luoghi dell’infanzia guardandoli da un’angolazione diversa…verticale.

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