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aaron (non verificato)

Credo, ma non mi auguro, che questo episodio sia solo il primo dei tanti che vedremo nel corso dei prossimi anni.

Non voglio spingermi fino a pensare che le amministrazioni vogliano trovare il modo di nascondersi dietro alla parola valorizzazione per cercare, invece, una ulteriore fonte di lucro in tempi che si prevedono tutt'altro che floridi.
Penso che chiunque conosca anche solo un minimo di storia dell'arrampicata possa concordare con l'analisi che questo sport sta attraversando il suo cambiamento epocale e forse più radicale.
Anche se interstiziale ed edulcorato dalla intrinseca e spiccata caratteristica arrampicatoria che è il senso di comunione, penso si possa affermare che anche all'interno della comunità arrampicatoria stessa si stia consumando uno scontro generazionale. Scontro che fa leva sull'avvicendamento generazionale tra la "vecchia guardia" (che come in ogni famiglia che si rispetti cresce con valori e fonda le basi della sua formazione su presupposti diversi da quelli dei suoi successori) e la "nuova guardia" di arrampicatori cresciuti principalmente nelle palestre e con una cultura più solida legata all'allenamento ed alla scienza sportiva.
Paralellamente assistiamo alla massificazione di questo sport, lo dimostra il fatto della "istituzionalizzazione" olimpionica e dell'esplosione della "moda" dell'arrampicata.
Questo costringe il mondo a renersi conto che l'arrampicata appunto, esiste, e che per molti versi entra in conflitto con molte delle logiche che governano appunto il mondo. Sto parlando del solo fatto di normare uno sport che nasce come una controcultura isolazionista che rifiuta tutti i dogmi sociali organizzati, e che si fonda su rispetto, libertà, buonsenso e pacifica convivenza senza la pretesa di prevaricazione o modifica dell'ambiente circostante.

Se qualcuno ricorda le storie patinate dal sapore western riguardanti camp4 nello yosemite, popolate da eroi ai quali ancora oggi ci rifacciamo, sono sstorie di trasgressione ed amicizia. Competizione e scontro, a volte anche feroce e polemico, però senza alcuna pretesa se non quella di dimostrare il proprio valore come uomini non rispetto ad altri uomini, ma nei confronti della natura. C'era tutto il romanticismo dell'esplorazione, della natura prima e dei propri limiti poi, della conquista e della condivisione di una passione comune nel rispetto di qualcosa più grande di noi.

Questo è ancora, fortunatamente (anche con un pizzico di insofferenza rispetto al dogmatismo sociale) il contenuto dei vasi sanguigni della microcultura arrampicatoria, e probabilmente il motivo di base per il quale fa tanta presa sui giovani: libertà e rispetto.

Questa digressione storica per arrivare al punto cardine della questione: per il mondo, rendersi conto che l'arrampicata esiste significa andare incontro a qualcosa che non può accettare.

Perchè non ha normato la distanza tra gli ancoraggi, perchè non li ha fatti certificare da un ingegnere, perchè non si possono controlalre gli standard di sicurezza.

Tutte queste cose rischiano di essere sacrificate se il mondo arrampicatorio non riuscirà a mettere da parte le proprie divisioni e non riuscirà a fare fronte comune agli episodi di questo genere fecendo sì della cultura riguardo la propria esistenza ma rispondendo con un no secco a qualunque genere di isitutuzionalizzazione limitante della libertà di ognuno di scalare, chiodare, vivere lo sport come meglio crede.
Spero che le istituzioni in prima battuta riusciranno a recepire il messaggio che se qualcosa è di tutti è giusto che sia lasciato a quei tutti l'onere di prendersi carico della buona salute di quella cosa, e non a qualcuno l'arroganza di poter stabilire d'imperio in che modo le persone possano fruire delle loro passioni.

L'arrampicata e chi chioda non ha mai chiesto nulla a nessuno, e credo sia auspicabile che nessuno chieda nulla all'arrampicata se non di svilupparsi secondo il corso naturale della sua vita. Questa è un'attività che nasce da un sentimento, e come tutti i sentimenti non è democratica o arginabile, è vecchia quanto l'uomo e con l'uomo morirà. Non lasciamo che siano l'uomo e la sua presunta spinta civilizzatrice ad ucciderla.

La storia è importante, e sarebbe bello che prima di entrare a gamba tesa in qualcosa che evidentemente non comprendono le istituzioni conoscessero gli equilibri che stanno andando a spostare.

Vorrei, e voglio ricordare, che le pagine die libri di storia sono oltremodo affollate di tentativi di valorizzazione che non hanno avuto altro esito che lasciare caratteri d'inchisotro su pagine ingiallite tra gli scaffali di una biblioteca, ed un sacco di rovine ai lati delle strade.

Ven, 08/21/2020 - 12:15

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